Care pink-readers (e non),
buon sabato e ben tornate sul blog! Perdonatemi l’assenza, cercherò in futuro di essere più assidua nella pubblicazione!
Ciò di cui voglio parlarvi oggi è un tema che mi sta molto a cuore, così come a molte altre autrici di romance oltre a me. Sull’onda del rinnovato inno alla body-positivity (capeggiato negli ultimi tempi dalla tanto chiacchierata copertina di Vanity Fair ritraente una Vanessa Incontrada senza veli, al grido di “nessuno mi può giudicare!”), vorrei proporvi una positivity che riguardi, questa volta, l’intelletto umano e ciò che produce. Ovviamente, sto parlando di libri.
Sì perché, sapete, gira voce – e, come tutte le voci di corridoio, alla lunga diventa un po’ fastidioso – che chi scrive di sentimenti, di emozioni, di storie d’amore che possano portare il pubblico di lettori a essere rapito dalla storia, non sia da considerare un vero e proprio autore (un Ken Follet o un Dan Brown, per intenderci).
Ora, mi chiedo: ma è davvero così? Esiste davvero una letteratura che rientra in una fantomatica serie A e un’altra, invece, rilegata ad una serie B? E pensare che, da ingenua, credevo che ogni penna – purché valida, si intende – fosse da considerare come autore/autrice. 😶
Inoltre, davvero per appartenere al (vasto) panorama letterario occorre scrivere best-sellers che vendano milioni di copie in tutto il mondo? Bisogna per forza occuparsi di temi intellettualmente profondi, come i disagi sociali, la psiche umana o i problemi ambientali, per essere considerati autori di testi utili al pubblico?
Francamente, ritengo che tutti coloro che appoggino queste idee si siano eretti – da soli – su un piedistallo talmente fragile, che solo la loro arroganza può ancora sostenere. Non nego che la letteratura debba svolgere una funzione sociale e possa essere un validissimo mezzo tramite il quale veicolare messaggi importanti alle persone. Tuttavia, rendiamoci conto di una (triste) verità: in un Paese – il nostro – nel quale la gente legge sempre meno, è davvero così fondamentale il cosa si scrive, o è più importante che il pubblico torni ad apprezzare il piacere della lettura?
E, di conseguenza, è più verosimile che una persona che non ama molto leggere trovi invitante un manuale di critica sociale/politica/economica (un testo impegnato e impegnativo, per intenderci), o una lettura – sì leggera – ma piacevole, scorrevole e che, magari, le regali qualche ora di spensieratezza? 🤔
Perché, in fondo, questo – secondo me – è lo scopo del romance: regalare ai lettori un’occasione per sfuggire dalla pesantezza delle loro giornate; far catapultare per poche ore la mente in quelle favole che, ammettiamolo, tutti sognano di vivere almeno una volta nella vita. E allora, perché vergognarsi di scrivere rosa e, soprattutto, di leggerli?
In fondo, i sentimenti fanno parte della natura umana tanto quanto i rapporti sociali, anzi, ne sono proprio il collante! E sfido qualsiasi maschietto a non aver mai provato a conquistare la donna dei suoi sogni con ogni mezzo a sua disposizione
Quindi, cari detrattori del genere romance, come la mettiamo? La smetteremo una volta per tutte di denigrare il lavoro altrui per concentrarsi sul proprio? Vi ricordo, giusto così per chiudere in bellezza, che in un periodo come quello che stiamo vivendo di crisi per l’editoria tradizionale, il vostro tanto disprezzato rosa è tra i generi che fruttano più vendite… così, tanto per dire
E voi, readers, cosa ne pensate? 💬 Aspetto le vostre opinioni nei commenti! 😘
A presto,
Arianna
Ciao! È particolare, forse, che il primo a rispondere sia proprio io, ossia un “maschietto”.
Come ben sai, condivido tutto quello che dici. E, allo stesso modo, sai che il rosa non è il mio genere di appartenenza.
Il fantasy, però, allo stesso modo del rosa, è considerato “di serie B”. Così come i rosa sono solo per donne, i fantasy sono solo per bambini. E il problema, in parte, è proprio questo: il pregiudizio.
Quello che penso, infatti, è che da ogni libro ci sia da imparare perché dietro ad ogni giorno libro c’è una persona vera che l’ha scritto. Le sue esperienze, il suo punto di vista, i suoi suggerimenti, finiranno per forza di cose in ciò che scrive. E ciò avverrà allo stesso modo attraverso una storia narrata, uno scritto “psicanalitico”, un’immagine romantica, la metafora di un drago.
Ma, finché il pregiudizio non verrà superato, purtroppo non ne usciremo.
Il problema, inoltre, è come menzioni giustamente tu, anche un altro. L’editoria italiana è in ginocchio. La gente non legge più. E, mi venga permesso di aggiungerlo, la possibilità sempre più dilagante del self publishing ha immesso nel mercato una miriade infinita di libri a malapena riletti dall’autore stesso, con l’unico risultato che, ad emergere, non sono stati i libri più belli, ma semplicemente quelli meglio venduti/pubblicizzati.
Questo, però, non ci deve far demordere! Avanti tutta, e speriamo che qualcosa si muova. La parola scritta, nei secoli, è stata l’unica ad essere sopravvissuta. Speriamo che, nel nostro piccolo, possiamo portare un po’ di sano cambiamento.
Le molte pagine a tema “libri” mi fanno ben sperare 🤞